giovedì 18 ottobre 2012

La pittura per Constantin • seconda parte

Continua la chiacchierata con Constantin Migliorini, l'artista e Prof. che ritiene la pittura il suo unico, totale, piano.


Constantin è rappresentato dalla galleria Spazio Anna Breda di Padova spazioannabreda.com

• Constantin Migliorini


• Constantin e i suoi studenti
SDU: Quanto influisce l’insegnamento con la tua arte? Voglio dire, ti senti mai ispirato dai tuoi alunni o dall’ambente scolastico in sé? 
R: L’insegnamento non era di certo nei miei programmi, diciamo che mi ci sono ritrovato dopo aver superato l’ultimo concorsone pubblico nel 2000, di certo l’ambiente delle istituzioni pubbliche non fa per me, infatti credo di essere un Prof. anomalo, forse poco Prof. e molto me stesso; insegnando in un liceo artistico le discipline pittoriche, mi sono ritrovato nel mio campo. Lo scambio con gli studenti può essereentusiasmante, carico di umanità, energetico, perché si ha a che fare con teste vergini, grezze, che vanno riempite di cose buone e giuste. Ciò comporta responsabilità, per questo la mia principale regola è l’onestà intellettuale nella coerenza, perché mi accorgo che molti studenti mi prendono come esempio, idealizzandoti e aspettando da te delle risposte, cosa questa che nella vita spesso non ho, ma in compenso abbondano i dubbi. 


Ma il sapere che anch’io ogni giorno mi dedico alle arti, sapendo cosa significhi superare le difficoltà e combattere con i propri limiti su un foglio da disegno, fa in modo che ci si avvicini a vicenda con più spontaneità, coltivando sempre ottimi rapporti umani con tutti. La cosa che mi influenza di più positivamente, è vedere la passione negli occhi di quei pochi studenti o studentesse che amano quel che fanno. Hanno un fuoco d’entusiasmo e una necessità di esprimersi, tipico della gioventù, un’ebbrezza senza vino, citando Goethe, che sarebbe un delitto spegnere, cosa tra l’altro che avviene spesso nelle scuole a causa della rigidità mentale di molti professori che applicano alla lettera la pochezza dei programmi ministeriali, soffocando ogni battito di libertà creativa, forse perché loro stessi non l’hanno mai avuta…


SDU: Da chi/cosa vieni ispirato? 
R: In particolare da tutto come da niente, dipende molto dalla predisposizione sensibile in un determinato momento. Molte sono le cose che possono influenzarti, artisti, scrittori, persone che stimi, amori, ma anche dalla miriade di immagini che ci e da tutte le sollecitazioni che arrivano dai media. Ogni fonte può essere motivo d’ispirazione, ma con gli anni ho cominciato a guardare meno e concentrarmi più su me stesso. Ultimamente mi affascinano le musiche di Erik Satie che non conoscevo, sentendole molto vicino al mio stato d’essere, ma mentre lavoro ascolto anche molta radio chiacchierata, oltre alla musica. Nella vita di ognuno molti fattori possono indirettamente condizionarci. L’ispirazione incide nell’1%, è un’intuizione fugace, l’altro 99% è lavoro quotidiano costante nello studio, concentrati per raggiungere una meta: faticoso, ripetitivo, come in un grande puzzle, pezzo su pezzo si cerca di arrivare sempre più avanti, aggiungendo un tessera, purtroppo nella ricerca artistica non esiste mai una fine, cosa questa che può divenire una vera dannazione.


SDU: Vivi dove ti porta il tuo lavoro, alla fine. Come ti trovi a Varese?
R: Posso dire che potrei vivere in qualsiasi luogo se hai di come mantenerti, ogni posto si somiglia ad un altro. Quando ero all’Accademia di Belle Arti a Firenze ho preso due borse di studio e ho vissuto per circa un anno a Sevilla in Spagna, poi a Granada per un breve periodo, dopo a Seattle per dei mesi, poi per molto tempo a Milano e dintorni, oggi a Varese e dovunque ho sempre trovato le condizioni per lavorare adattandomi senza troppi problemi. Ho cambiato diverse case-studio e dopo poche settimane di solito mi sono sempre adattato tranquillamente, fosse per me cambierei ogni tre anni, la novità mi da stimolo, mi mette in discussione e questo tira fuori il meglio da  me stesso. 


Alcuni mi dicono dell’importanza delle radici, ma le mie le porto con me ovunque, non sono un albero, il mio modo di fare e di essere deriva dall’ambiente in cui sono cresciuto, in un piccolo villaggio nella provincia di Siena, Staggia  è il suo nome, luogo che non frequento più da molti anni, da quando me ne sono andato per inseguire le proprie aspirazioni. È lì che ho appreso la semplicità e l’informalità, il mio approccio concreto nel fare le cose è tipicamente toscano, apparentemente scanzonato, sempre con una battuta sarcastica che sveli le verità nascoste col sorriso tra le labbra e poi il mio accento non è cambiato di una virgola dopo dieci anni di Lombardia, eppure di indigeni ne ho frequentati a bizzeffe. 

• Studio di Constantin
Il mio modo di concepire l’arte è molto italiano, legato a un’idea umanistica e a una certa idea di bello con la sua scala di valori che derivi da una storia per questo anche europea se vogliamo, nonostante l’omologazione e appiattimento delle differenze culturali, dettate dalle tecnocrazie globali. Il mio nemico numero uno è la routine, che ti attanaglia, ti strangola in silenzio senza nemmeno che te ne accorga, nei giorni come negli anni, di continuo. Varese la trovo carina, un po’ anonima a dire il vero e non troppo vitale, ma ci si vive bene, come in tutte le province italiane, vedremo quale sarà la prossima città che mi ospiterà, ma non subito… i traslochi sono troppo pesanti da sopportare. 

Grazie Constantin


// Leggi la prima parte dell'intervista


Potete visionare tutte le opere di Constantin qui sul suo sito. È rappresentato dalla galleria Spazio Anna Breda di Padova.

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