martedì 6 marzo 2012

Da bellissima a meravigliosa. Simone Perotti racconta la metamorfosi della sua vita.

Simone Perotti ha fatto per 19 anni il manager finché un giorno decide di cambiare e sovvertire gli ordini del suo modo di vivere. Ora abita nell’entroterra ligure in una casa di pietra che ha ristrutturato da solo, scrive (ha pubblicato 7 libri), coltiva l’orto, fa sculture, lo skipper, la guida turistica. Soprattutto, vive tante vite. Ha applicato la decrescita come stile di vita sostenibile, lo definiscono l’antesignano del movimento del “downshifting”. SDU lo ha intervistato e qui ci racconta il suo piano B perfettamente realizzato. 

Potete scoprirne di più su www.simoneperotti.com
• Simone Perotti



SDU: Ciao Simone e benvenuto su Storie da Urano, partiamo proprio dall’inizio: chi era il Simone di prima? Cosa pensava, cosa faceva, che musica ascoltava, che libri leggeva, come passava il suo tempo? Attualmente, che traccia c’è di lui?
R: Ero lo stesso di oggi, con molte paure in più, molte speranze, molti progetti. Le paure sono un po' diminuite, anche se alcune restano, speranze e progetti sono esplose come una granata. Ne ho mille volte di più. Cambiando si prende gusto all'invenzione di nuove vite. Comunque, quello che è cambiato davvero è il tempo, il suo utilizzo, e per conseguenza la focalizzazione dei miei progetti. Prima scrivevo e navigavo ma solo nei ritagli di tempo dal lavoro. Scrivo e navigo da quando ero un ragazzino, non si tratta di passatempo o impegni collaterali. Io sono nato per scrivere, e poi per navigare. Quando ho deciso di fare questo per tutto il tempo disponibile sono cambiati i pesi: ora scrivo sempre, tutti i giorni molte ore, e poi navigo. Quando mi servono soldi, ma solo allora e solo facendo qualcosa che amo, lavoro. Non credo che si cambi cambiando. Al massimo si può diventare più simili all'idea che si ha di noi, ma la si deve già avere un'idea, dunque occorre già essere così, per diventarlo. Occorre essere già cambiati per poter cambiare, l'ho scritto anche in "Adesso Basta".

• Adesso Basta, lasciare il lavoro e cambiare vita. Simone Perotti. Ed. Chiarelettere

SDU: Forse devi ringraziarlo per essere quello che sei adesso. Facendo un passo ancora più indietro, che consiglio daresti al Simone bambino?
R: Io sono stato un bambino molto disciplinato, molto ortodosso, facevo quello che mi si diceva di fare, nel miglior modo possibile. Avevo capito che se non rompi le scatole poi ti controllano meno e se vuoi fare qualcosa che ami dentro il sistema delle regole, devi eluderle. In questo modo mi sono sempre ritagliato degli spazi per scrivere e navigare, viaggiare e farmi i fatti miei. Una discreta strategia. Però se tornassi indietro romperei più regole, farei più di testa mia. In fondo sono cambiato, oggi mi piace come va la mia vita, ma non si può dire che sia stato precoce in questo. Quando ho preso il sentiero giusto avevo quarantun'anni. Un po' tardi, se vogliamo. In ogni modo, quel bambino che sognava case sugli alberi e si sentiva Cosimo Rondò è appena sceso da un albero per rispondere a questa intervista, dunque vuol dire che c'è ancora, è sempre lo stesso, ed è qui.
• Adriatica, pesce-scultura di Simone Perotti

SDU: Ricordi il tuo primo giorno di nuova vita? La libertà ha molte facce, panico, vuoto, felicità… che sensazioni hai provato?
R: Estrema leggerezza, estrema felicità, voglia di condividerla ma anche di starmene per conto mio. Un uomo che cambia innesca un profondo dialogo con se stesso, ha bisogno anche di silenzi e di solitudine. Io non vedevo l'ora di cominciare la nuova vita, svegliarmi la mattina senza alcun ruolo, senza alcuna incombenza, per scrivere, per studiare, per lavorare alla barca, per alzare le vele, di lunedì, o in qualunque altro giorno. Certo, iniziavo una nuova vita di cui non sapevo nulla, dunque avevo anche paura. Paura vera. Però una paura positiva, se devo definirla, una di quelle sensazioni che anche se ti mettono i brividi non vorresti non aver provato.

SDU: Sei un velista e come tale sai perfettamente che il mare insegna tantissimo, a suo modo è una filosofia. Quanto ti dà il mare in termini di insegnamenti?
R: La metafora è facile, quasi trita, ma è molto vera. Nessuno che non abbia navigato in alto mare di notte può dire cosa sia la paura, dice un personaggio di un mio romanzo (L'estate del Disincanto). Così come è difficile descrivere la gioia e la soddisfazione di quando si rientra in porto, magari dopo giorni in mare, e si può dire "ce l'ho fatta, e l'ho fatto con le mie mani". Il mare insegna ad avere paura, a gestirla, a farla diventare azione, senza montarsi la testa. Insegna che le paure maggiori le abbiamo prima di partire, quando siamo in porto. Poi, fuori, c'è da lottare, magari, ma la barca procede, in qualche modo. È stare fermi e pensare al mare che fa paura. Navigare fa venire voglia di vivere.




// Fine prima parte, l'intervista continuerà nei prossimi giorni.

Leggi la seconda parte dell'intervista.


Le immagini di questo post sono tratte dalla rete.

2 commenti:

  1. Erano anni che ero insofferente, ho fatto per trent'anni un lavoro imposto da mio padre, io avrei fatto volentieri il grafico pubblicitario, ma nel millenovecentosettantatre, liceo artistico era, per mia madre, sinonimo di droga sesso e rock and roll, quindi abitando vicino all'ITIS Feltrinelli, la scelta è stata fatale e obbligata. Anni difficili, sono stato troppo giovane per il sessantotto e ancora troppo giovane per gli anni del terrorismo, per fortuna mia. dopo il militare, subito il mondo del lavoro. Erano ancora i tempi che le aziende chiamavano gli istituti tecnici per assumere a tempo indeterminato con un solo mese di prova. Dopo quattro anni sono entrato nella ditta di mio padre e da lì ne sono uscito solo nel duemilaedieci, chiudenti la ditta aperta dal millenovecento cinquantasette. since 1957, era il mio motto. ne sono uscito vedendo Simone Perotti in una intervista televisiva, Fazio o Augias, non ricordo. Ho cominciato cercando su internet cosa volesse dire la parola dowshifting e da lì non ho fatto altro che capire se io potevo fare un percorso di decrescita. Letto i libri di Simone ho deciso che sarebbe stata la mia strada, ma come realizzarla non lo sapevo.
    Il 12 dicembre 2010 è morto mio padre. mia madre era già morta nel 1993.
    il lavoro non rendeva più come una volta e il settore edilizio e impiantistico era ed è in balia della più feroce concorrenza, te la devi vedere con lavoratori autonomi che all'anagrafe tributaria manco esistono e ad altri che fanno lavorare gli immigrati a costi da schiavismo.
    Se avessi ributtato l'eredità nella mia ditta, l'avrei persa nel giro di massimo cinque anni. Così rientrato a Milano il 22 dic sono andato via per le feste di natale, al ritorno ho chiuso la partita IVA e non ho più preso in mano un attrezzo o fatto un preventivo.
    Da allora vivo il mio tempo dedicandolo alle due mie passioni più grandi:
    Leggere, scrivere e andare in barca a vela.
    Non sto emulando Simone, sia chiaro, lui ha la fortuna di essere ligure, vivere in un posta magnifico e di avere una barca come dio comanda! E naviga in mare.
    Io passo la mia vita tra milano e il lago maggiore, ci vengo dall'età di sedici anni, ho acquistato una barca a vela usata, un Catalina 22ft e la tengo a Luino. anche il lago può dare emozioni forti nel suo piccolo, perché il fendo quando è forte loè anche al lago.
    Non rimpiango nulla del mio passato, ma nemmeno lo odio, ho avuto anche molte soddisfazioni sul lavoro, ma adesso non c'è paragone!
    L'unico neo è mia moglie e i miei figli, che non vogliono lasciare Milano e mia moglie non vuole smettere di lavorare, nonostante abbia davanti la mera prospettiva di dover continuare fino al 65 anni, ora ne ha 52!
    Mi ricorderò sempre Simone al convegno del salone del risparmi tenuto alla Bocconi, alla mia domanda:
    cosa deve fare un uomo che ha scelto il downshifting e la moglie non condivide la sua scelta?
    risposta:
    "Cosa dire di una donna o compagna che non è felice di condividere il sogno di suo marito?"
    Questo mi ha fatto pensare molto, ma io voglio bene a lei e a i miei figli.
    E allora sono qui al lago cinque giorni ogni due settimane circa, fra non molto ribalterò la proporzione fino a rimanere definitivamente qui.
    E chi mi ama mi segua...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sandro, grazie per aver raccontato la tua storia.

      Elimina